lunedì 6 giugno 2011

Hanno rapito Alain Delon, di Benjamin Berton

Chi è oggi Alain Delon? Poiché non lo si vede in giro (cioè sugli schermi) da qualche decennio - eccezion fatta per quel memorabile ruolo di Giulio Cesare in Asterix nel 2008 - è forse un bene che sia sparito dalla circolazione, perché così può restare mito senza il rischio di incappare in produzioni deprimenti e penose caricature di ciò che era in gioventù. E proprio del mito sfiorito racconta un libretto solitario che ho trovato su uno scaffale di una libreria. Edito da Nottetempo (sconosco), nella collana "Il rosa e il nero", Hanno rapito Alain Delon, di Benjamin Berton, narra di un uomo che si è rinchiuso da solo nella sua turris eburnea, solo nella sua Parigi che sembra "una vecchia borghese", tenuto in piedi dalla sola convinzione che tutti i personaggi interpretati nella sua lunga carriera non possano non aver fatto di lui un uomo complesso e ricco di contraddizioni. Un giorno due giovani giapponesi lo rapiscono perché convinti che sia il vero padre di uno di loro: lo rinchiudono in una fattoria ipercontrollata nella Creuse e lo costringono senza volerlo a guardarsi allo specchio e a vedersi per quello che è.

Chissà se qualcuno del suo entourage avrà fatto leggere ad Alain Delon questo libro. Onestamente, spero di no. Lo spero per lui, perché se è vero che l'attore ha avuto forti crisi depressive negli ultimi anni, questo libro di Berton non può che essere il colpo di grazia. Oltretutto è stato azzoppato da una traduzione che gli fa torto, rendendolo stucchevole e molto simile a un esercizio scolastico.
Eppure, avrebbe potuto essere un romanzo comico. Comicissimo: le potenzialità c'erano. Insomma, si racconta di un settantenne che ricorre ancora agli sguardi di quando era un bel Gattopardo, ridicolo in alcune sue pretese, ridicolo nei timidi e ingenui tentativi di fuga, ridicolo nell'affidarsi ai suoi ricordi cinematografici per risolvere i problemi della prigionia. Sarebbe stato un ottimo romanzo comico se l'autore (francese anche lui) avesse crudelmente preso in giro l'attore-mito e poi, nel finale, lo avesse consolato con un tenero abbraccio. Tanto promettente il titolo quanto poco avvincente il racconto. Eppure non è così difficile inventarsi una storia di fantasia: lo è di più raccontare la realtà.


Benjamin Berton, Hanno rapito Alain Delon, Nottetempo

giovedì 2 giugno 2011

90 classici da leggere per chi ha fretta, di Henrik Lange

O per chi si lascia scoraggiare da oltre 600 pagine, per leggere le quali non basterebbero le ferie d'agosto (questo potrebbe essere un ottimo sottotitolo del libro di Lange).
Henrik Lange, 90 classici da leggere per chi ha fretta, Cairo Editore

 I classici della letteratura trasformati in fumetti non sono una novità, neanche quando questi diventano parodie (superando talvolta l'originale, lo devo ammettere). Ma che un Delitto e Castigo potesse essere strizzato in tre - tre - vignette, questo lo ignoravo. Il libro di Lange l'ho comprato, sfogliato, regalato e poi chiesto in prestito. Divertente come solo le cose illuminate dal genio lo sono, è da sconsigliare a chi ha un'alta considerazione della propria cultura letteraria. Prima dei "90 classici da leggere per chi ha fretta", il signor Lange propone al lettore il sommario dei testi che si incontreranno nelle pagine a venire, e gli chiede di barrare quelli già letti. Avendone io barrati 15 (14 e mezzo, dai, contiamo a metà American Psycho, abbandonato per disgusto), mi è sembrato di essermi persa qualcosa, negli ultimi vent'anni (i primi sei della mia esistenza naturalmente non contano). Ma poiché nella lista non c'è Colazione da Tiffany, caro il mio Lange, non mi farai sentire in colpa. Vi regalo un paio di classici da leggere se avete fretta. Ma se avete in programma di leggerli, nella vita, allora fermatevi alla seconda vignetta e ignorate la terza: non credo che vogliate svelato il finale de Il nome della rosa.