martedì 25 ottobre 2011

Tetti di Parigi, di Fabrice Moireau e Carl Norac

I tetti di Parigi parlano tra di loro, si raccontano storie di artisti bohémien e scrittori solitari, osservano quel cielo che ha il loro stesso colore, proteggono e svelano, giocano alla guerra, con "i caminetti schierati come sul campo di battaglia".
I tetti di Parigi sono lì da sempre, e sempre e solo lì. In nessun'altra città della vecchia Europa. Solo a Parigi.
I tetti di Parigi si meritano un libro, dedicato solo a loro: perché dall'alto, a Parigi, non si vede solo la superba Tour Eiffel, un'arteria di Louvre, un accenno di Pompidou, le rotondità del Sacre Coeur. C'è anche questa distesa di grigi disordinati, armature brillanti o coperchi opachi, tristi bagliori e memorie altere.

Fabrice Moireau e Carl Norac, Tetti di Parigi, Ippocampo

 Tetti di Parigi è una raccolta di acquerelli e disegni realizzati da Fabrice Moireau, con l'accompagnamento discreto di testi e poesie scritti ad hoc da Carl Norac. Un gioiello di carta, che oltretutto è carta porosa, come quella che usavamo a scuola durante le lezioni di educazione artistica. La pagina sembra una tavola originale, un album da disegno regalatoci da un amico artista-squattrinato. Lui, Moireau, diplomato all'Ecole Nationale Supérieure des Arts appliqués et des Métiers des Arts, se n'è andato a zonzo per Parigi, chiedendo ospitalità a proprietari di balconi, terrazze, finestrelle, con il suo quaderno di schizzi e appunti. Da cui poi è partito Norac per scrivere i suoi testi. Come questo:

"Si è fatto un gran parlare dei poeti 
nelle mansarde di Parigi. 
Per indicare un'indigenza passeggera.
O la miseria. Nessuno però 
ha mai fatto notare che,
nelle mansarde, il poeta 
stava semplicemente 
un po' più vicino al cielo".

Perché sopra e sotto quei tetti c'è vita, c'è Matisse ventiseienne che afferra i pennelli e cattura la luce, c'è la notte di Ménilmontant e Montmartre sotto la neve, c'è "la Parigi degli alberghi a cinque stelle, beninteso: ma che ne è del firmamento?", ci sono le ballerine dell'Opéra Garnier, e c'è Chopin con in tasca un po' di terra di Polonia e davanti a sé una finestra sul Panthéon.
C'è Parigi che respira come un pesce, e i suoi tetti sono solo le sue squame d'argento.




E questi sono i miei tetti di Parigi:







1 commento:

umberto ha detto...

perbacco, sono delle belle foto!