Verità e giustizia non sono la
stessa cosa.
Il lettore sprovvisto di
competenze giuridiche si troverà confuso di fronte a questa affermazione. Non
sono forse i giudici a stabilire la verità? Non è forse loro compito assegnare
la parte del buono e del cattivo, muovendosi secondo criteri oggettivi e
inconstestabili? A quanto pare no.
Per legge superiore, il nuovo romanzo di Giorgio Fontana (Sellerio)
indaga la morale di un uomo, Roberto Doni, magistrato milanese con una vita
regolare e solida. E con una solida concezione della propria professione.
Finché si presenta, impetuosa e quasi arrogante, la vicenda di un immigrato
marocchino accusato di aver sparato a una donna. Doni deve attenersi ai fatti,
lo sa bene. I fatti dicono che l’uomo ha sparato. Ma la vita è anche
immaginazione, coincidenze, speranza, fiducia. E i fatti, a volte, hanno un
ruolo solo marginale.